The Impact of Economic Crisis on Turnout in Italy

CONTEMPORARY ITALIAN POLITICS N. 2/2014 (link)

This article deals with voter turnout and the economic crisis, and focuses on the results of the 2013 parliamentary elections in Italy. A consolidated tradition of studies has attested to the impact of a negative economic cycle, unemployment and various issues related to the economy, on the decision whether or not to vote, although the results remain controversial. Some scholars have asserted that, during a period of crisis, voters react positively, using their collective voice to demand more attention to their interests. Others argue that negative circumstances distance citizens from the electoral arena bringing a higher rate of abstention as a consequence. The peculiarity of the political situation in the period leading up to the 2013 election in Italy (the unexpected end of Berlusconi’s government in 2011, the period of transition under Monti’s technocratic government and the rise of the Five Star Movement [MoVimento Cinque Stelle, M5S] as a new competitor) strongly influenced voters’ evaluations of how political parties were going to compete and whether, or for whom, they would vote. Survey results show that discontented voters largely used abstention as a strategy to express their resentment, but that the most politically engaged preferred to choose a radical party (M5S), rather than refusing to vote.

The Consequences of Electoral Laws on the Party System

POLIS n. 1/2014 (link)

The article focuses on the 2013 Italian general elections, which are indicative of the political and electoral effects that the different electoral reforms have produced in Italy since 1993. The Italian political system has in fact seen three electoral reforms in the last twenty years, after quite a stable period from 1948 to 1993. Following the “classic” approach that links electoral laws and political outcomes, we present data on the effects of the various electoral systems over the past two decades. Detailed information on the number of (effective) parties, representation, party size, government durability, the nationalization of the vote, seats to the two biggest parties, etc. will be presented. Upon illustrating the technicalities of the electoral systems and the related reforms approved in the last twenty years, the expectations of the political players will then be presented too. The data illustrated furnishes a good starting point for deeper analyses and the theoretical consequences that arise. The Italian scenario represents a crucial case in verifying the hypothesis related to the causal effects of the electoral laws on the outcomes of political and party systems. Some counter-intuitive results will also be highlighted.

Elezioni europee 2014

intervista rilasciata a “Geopolitica

26-04-07_Hemicycle_STG_2-2Alla vigilia del voto per il rinnovo dell’Europarlamento di Bruxelles Geopolitica.info ha incontrato Gianluca Passarelli, ricercatore di scienza politica presso il dipartimento di scienze politiche, Sapienza Università di Roma. Un’occasione per tirare le somme di una campagna elettorale che, in Italia come nel resto del Continente, ha assunto per la prima volta una dimensione almeno parzialmente transnazionale, nonché un’opportunità di riflessione sul ruolo effettivo e potenziale dell’Unione nella pericolosa quanto vicina crisi ucraina.

 Dati dell’Istituto Cattaneo alla mano, l’Italia appare l’unico grande paese europeo in cui uno dei principali partiti di governo potrebbe confermare un significativo consenso elettorale: effetto Renzi?

La presenza di questo tipo di effetti sull’elettorato è stata oggetto di ricerca politologica sin dalla prima elezione diretta del Parlamento Europeo: negli anni Ottanta le consultazione vennero definite di “secondo ordine”, appuntamenti elettorali in cui gli elettori tenderebbero a punire gli incumbent, favorendo i partiti minori o propendendo per la scelta dell’astensionismo. Ma è probabile che oramai non si possa più fare riferimento solo a questo schema: per la prima volta notiamo in seno all’UE una personalizzazione della dinamica di governo con dei candidati alla leadership della Commissione europea e una campagna elettorale sotto molti aspetti già transnazionale.

Effetto Renzi? Non direi. E comunque non solo. Dal punto di vista simbolico, e dal  punto di vista politico, Renzi potrebbe avere tutt’al più contenuto nelle cosiddette regioni rosse del centro Italia l’emorragia di voti democratici verso il Movimento 5 Stelle. Generalmente, ritengo comunque il movimento di Beppe Grillo capace di ottenere dalla tornata elettorale un successo significativo (tra l’altro non vedrei la sorpresa posto che nel 2013 il M5s è arrivato in testa tra le forze politiche italiane, ovvero secondo se consideriamo la circoscrizione estera), soprattutto se si tiene conto della possibile sottorappresentazione dello stesso nei dati dei sondaggi: si tratta di un voto ancora con una relativamente bassa accettabilità sociale, spesso paradossalmente poco palesato e in ciò simile a quello accordato alla Forza Italia dei primi anni Duemila. Una previsione sui risultati che andremmo a scoprire dopo il 26 maggio deve, tuttavia, tenere anche conto di fattori di distorsione quali l’alto livello di astensionismo previsto, un astensionismo divenuto anche critico, ossia in un vero e proprio comportamento di voto consapevole, nonché l’effetto della redistribuzione dei voti del centro-destra. La vera partita si gioca tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, ma è in realtà Berlusconi il convitato di pietra e nessuno può ancora dire con chiarezza dove confluirà la slavina elettorale che potrebbe staccarsi da Forza Italia. Leggi tutto “Elezioni europee 2014”

La Lega Nord fa riparlare di sè

Intervista rilasciata a L’Indro 

Non è un momento facile per il Carroccio, ma il partito sta cercando di risollevarsi. Come, l’abbiamo chiesto a Gianluca Passarelli, docente di Scienza politica all’Università Sapienza di Roma e autore con Dario Tuorto del libro Lega & Padania. Storie e luoghi delle camicie verdi‘.
Matteo-Salvini-a-Piacenza-3-800-670x223-1390494197Il nuovo Segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, deve risollevare un partito che nelle politiche del 2013 ha visto dimezzati i consensi rispetto alla tornata precedente del 2008, dall’ 8% al 4%  – oltre un milione e mezzo di voti in meno – e potrebbe restare fuori dal prossimo Parlamento.
A oltre un mese dalla nomina che strategia si va delineando?
Bisogna partire da un po’ indietro. Da una parte c’è molto di nuovo nella Lega, per il cambio della leadership; dall’altra c’è una linea di continuità, data dalle politiche. Il crollo elettorale è dovuto a una serie di fattori, in primis la situazione al vertice. Non si tratta solo di una questione organizzativa, il passaggio di consegne in segreteria, ma anche della vicenda del leader carismatico Umberto Bossi – nel suo caso è corretto usare il concetto di carisma, non per Grillo o Renzi – che ha generato una serie di frustrazioni nella base, alimentate dagli scandali del cosiddetto cerchio magico. Il passaggio della segreteria federale da Bossi a Roberto Maroni è stato dovuto solo alla sopravvivenza. C’è poi un secondo punto importantissimo: nella Lega hanno sempre convissuto un’anima movimentista e una governativa. È una contraddizione che genera spesso conflitti, ma Bossi sapeva tenerla a bada in modo anche rude e muscolare. Dopo diversi anni al governo la Lega ha fallito il progetto del federalismo, suo concetto principale – che l’obiettivo si chiami Padania, macro regione o altro – e le sue promesse su immigrazione e difesa dell’italianità; tutto questo ha contribuito alla crisi del partito, insieme alla fine della vecchia leadership e al discredito della classe dirigente, e questa crisi è stata acuita da un nuovo attore che ha rubato la scena nel campo del populismo, il Movimento 5 Stelle, come si nota dallo smottamento elettorale leghista in Veneto. La Lega comunque ha un grande bacino di voti grazie alla sua struttura organizzativa, una risorsa alla quale ha attinto sia nel 2011 sia nel 2013. Il partito però si è ritrovato tramortito. Maroni ha dimostrato di non essere in grado e di non voler essere leader e gli è successo Salvini, un eurodeputato assestato su posizioni sopra le righe che è stato scelto dai militanti nelle primarie di dicembre contro Bossi, perciò ha pescato i consensi nella parte più ortodossa. Leggi tutto “La Lega Nord fa riparlare di sè”